27 Luglio 2024
EditorialiNews

Arma dei Carabinieri: da 206 anni vicini agli italiani.

Arma dei Carabinieri, patrimonio di tutti gli italiani.

Roma, 5 giugno 2020 – La data coincide con quella del 5 giugno 1920, giorno in cui la Bandiera dell’Arma fu insignita della sua prima medaglia d’oro al valor militare per il tributo di sangue versato durante la prima guerra mondiale. Duecentosei anni da quel lontanissimo 13 luglio del 1814 ed anche noi, sommessamente, vorremo ripercorrere – per quanto sommarie e certamente incomplete – le tappe più importanti che dalla sua fondazione, hanno visto protagonista la nostra Benemerita fino ai giorni nostri.
La situazione storica era la seguente: durante il Congresso di Vienna (novembre 1814/giugno 1815), le grandi potenze europee si erano riunite per ridisegnare i confini europei sconvolti dalla bufera napoleonica, al fine di restaurare l’Ancien Régime, l’antico regime reazionario precedente alla Rivoluzione Francese.
La configurazione territoriale degli stati venne quindi “restaurata” riportando indietro le lancette al 1790, cancellando tutte le conquiste dell’esercito rivoluzionario di Napoleone Bonaparte. La famiglia Savoia, che si trovava in esilio già dal 1798 a causa dell’avanzata Napoleonica, rientrò a Torino e Vittorio Emanuele I di Savoia, Re di Sardegna, tornò a sedere sul suo trono.
La preoccupazione principale dei regnanti fu quella di dotarsi di eserciti efficienti. Infatti, quelli rivoluzionari di Bonaparte avevano messo in luce l’inadeguatezza dei mezzi e la scarsa preparazione degli uomini rispetto alla geniale capacità tattica del generale. Inoltre le idee rivoluzionarie di Napoleone, le “carte costituzionali” disseminate lungo gli stati europei da lui conquistati – che costituivano la base delle tanto agognate “Repubbliche” – avevano creato delle aspettative nella popolazione che difficilmente potevano risultare compatibili con i principi reazionari e monarchici che si volevano ristabilire “tout court”. Occorreva ristabilire e garantire l’ordine. In tale contesto, Vittorio Emanuele I, appena “restaurato”, necessita di un esercito fedele, sicuro, capace e versatile. Bisognava garantire sia la sicurezza interna ( ordine e sicurezza pubblico), che la difesa dei confini del Regno.
La Segreteria di Guerra presentò uno schema denominato “Progetto di istituzione di un Corpo militare pel mantenimento del buon ordine”. Nel giugno del 1814, a questo corpo militare venne dato il nome di “Carabinieri”, poiché il nome “gendarmeria” ricordava troppo l’odiato invasore francese. Venne presentato quindi il “Progetto d’istruzione provvisoria per il Corpo de’ Carabinieri Reali. Funzioni ordinarie dei Carabinieri Reali, servizio giornaliero delle Brigate a piedi, ed a cavallo in che egli consiste, come dev’essere comandato ed eseguito”.
Sebbene questo termine fosse già esistente e indicasse genericamente il “portatore di carabina” dell’esercito Piemontese, assunse in seguito una connotazione nuova nel quadro di un Corpo scelto con specifici compiti di polizia: ricercare i ladri, arrestare i malfattori, controllare le strade, contrade e campagne, dissipare con la forza gli assembramenti armati e non armati, contrastare le forme di violenza, tutela della proprietà pubbliche e private.
L’intuizione fondamentale è stata quella di creare una struttura flessibile, dinamica, eclettica: squadroni a cavallo, piccoli distaccamenti di quattro persone “stazionati nelle città”, costituendo così il preludio alle Stazioni Carabinieri, i punti di riferimento che, senza retorica alcuna, in ogni sperduto territorio della futura Nazione Italia, costituiranno l’avamposto dello Stato sul territorio, la vicinanza, la prossimità al cittadino e ai suoi bisogni.
Il 13 luglio del 1814, Vittorio Emanuele emana le “Regie Patenti” con le quali istituisce il “Corpo dei Carabinieri Reali” e per gli aspiranti non è affatto semplice farvi parte. I requisiti? Età compresa, tra i 25 ed i 40 anni, “sapere leggere, scrivere e far di conto” oltre ad aver servito sotto i “Regi stendardi” in almeno quattro campagne militari. Sembra poco? Nel 1814 veniva richiesto loro di sapere leggere e scrivere ed avere dimestichezza con i calcoli. Se leggiamo i dati ISTAT del 1861, l’analfabetismo maschile raggiungeva il 74%, mentre quello femminile l’84%. Nel meridione d’Italia raggiungeva il 95% . Uomini scelti non solo tra i più istruiti della popolazione, ma provati anche nella fedeltà e nella capacità dimostrata sul campo in almeno quattro pregresse campagne militari. Nelle “Regie Patenti”, infatti, leggiamo che nei criteri di scelta dei futuri “Carabinieri Reali” saranno preminenti la “buona condotta e saviezza d’istinti”.
Il Generale di Armata Giuseppe Thaon di Revel di Sant’Andrea diverrà il primo Comandante Generale e la dotazione iniziale del corpo sarà di 27 Ufficiali, 4 Marescialli d’Alloggio a piedi e 13 a cavallo, 51 Brigadieri a piedi e 69 a cavallo, 277 Carabinieri a piedi e 367 a cavallo.
La storia dell’Italia preunitaria fu caratterizzata dalla costante presenza dei Carabinieri: nei vari ducati e nei piccoli “stati” che chiedevano l’annessione al Regno di Sardegna, venivano inviati piccoli “drappelli” di Carabinieri che istituivano le loro “Stazioni Carabinieri” quale avamposto di quello che poi, nel novembre del 1847 porterà alla “fusione perfetta” del Regno, che avrà la sua capitale a Torino. Lungo la strada saranno numerosissime le prove: Grenoble, i moti rivoluzionari (1820/1821, quelli del 1830/1831 e del 1848), l’epidemia di colera del 1835, la carica di Pastrengo del 30 aprile del 1848 che salvò la vita al Re Carlo Alberto (magnificamente rievocata dal Carosello Equestre dei Carabinieri), la guerra di Crimea, i problemi connessi all’unificazione d’Italia del 1861, il brigantaggio, il banditismo. Saranno numerosissimi gli attestati di stima incondizionati tra la popolazione e tra le autorità, fino a tributarle il titolo di “Benemerita del Paese” con un documento ufficiale della Camera dei Deputati del 1864.
Quante bellissime illustrazioni dedicate ai Carabinieri, come quelle della “Domenica del Corriere”, testimoniano il loro impegno per la gente e tra la gente, suggellando innumerevoli atti di eroismo e di salvataggio nelle “pubbliche e private calamità”, come in occasione del terremoto in Sicilia e Calabria nel 1908. La versatilità dell’Arma viene apprezzata anche fuori dai nostri confini nazionali. La duplice veste, quella di soldato e di poliziotto in grado di saper tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, fusi in un indissolubile connubio vincente, porterà i Carabinieri ad essere protagonisti nel corno d’Africa (1865,) nell’isola di Creta (1897), fino alla lontana Cina, nel 1900, in occasione della “rivolta dei boxer”. E poi la penisola balcanica su richiesta del governo Ottomano, il Cile, la Libia, le isole Egee, Rodi. Solo per citare alcune delle missioni dei primi del ‘900.
Seguirà la prima guerra mondiale, l’invio al fronte e l’impiego nei compiti di polizia militare: la battaglia del Podgora, le “spallate” sull’Isonzo, il cui coraggio e l’opera prestata è mirabilmente riassunta in un dispaccio dell’epoca, a testimonianza del loro impegno che «confermò il valore tradizionale dei Carabinieri, i quali se non riuscirono nella difficilissima impresa, stettero però saldi ed impavidi sotto la tempesta di piombo e di ferro che imperversava da ogni parte e che fece numerose vittime». Ancora, in un successivo Ordine del Giorno del 1915, il sacrificio dei Carabinieri “… non sogno di gloria li guidava, ma la rettitudine di cui è forgiata la loro coscienza, l’alto sentimento del dovere che fa loro compiere con semplicità gli atti eroici, la fedeltà alle istituzioni, che è dote non mai smentita delle tradizioni della loro Arma»
Una velocissima carrellata degli anni successivi ci porta alle tensioni interne, all’avvento del fascismo nel 1922, la lotta al malandrinaggio nel centro sud, il contrasto alla mafia in Sicilia al fianco del famoso Prefetto Mori, il “Prefetto di ferro”;
La seconda guerra mondiale vide l’Arma dei Carabinieri presente su tutti i fronti: dall’Africa Settentrionale, dell’Africa Orientale Italiana, dai balcanici (Grecia, Albania, Juguslovia) alla Russia. Memorabili le battaglie di Amba Algi e Culquaber, solo per citare quelle nell’Africa Settentrionale.
L’Arma dei Carabinieri, fedele al Re, da sempre vicina alla gente, assolve anche il delicato compito di arrestare Mussolini, il 15 luglio del 1943, quando ormai le sorti della guerra sono chiarissime e la disfatta è inesorabile. Il periodo successivo all’armistizio dell’8 settembre del 1943 è quello sicuramente più difficile. Il Re Vittorio Emanuele fugge, interi reparti dell’esercito sono allo sbando, privi di ordini. La popolazione è confusa. I tedeschi adesso vedono negli italiani dei nemici, mentre le truppe Alleate sbarcate in Sicilia risalgono la penisola. L’Arma dei Carabinieri è sempre lì. Al fianco della popolazione. Alcuni si riorganizzano nel “Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri”, Comandato dal famoso Generale Filippo Caruso, altri nella “Compagnia Carabinieri Partigiani” o nella “Compagnia Carabinieri Patrioti”, oltre che in numerosi altri gruppi combattenti contro l’invasore tedesco. Possiamo citare, inoltre, la banda Manfredi, il Battaglione del Generale Hazon, il Gruppo Montesacro e la banda Mosconi. Si distinsero nella estenuante resistenza tantissimi Carabinieri, vittime della follia omicida dei nazisti. Tra questi i “Martiri di Fiesole”, quelli trucidati nelle Fosse Ardeatine, i martiri di Travisio e, non in ultimo, la fulgida figura di Salvo D’Acquisto, giovane vicebrigadiere di soli 22 anni, sacrificatosi per salvare 22 civili dalla furia nazista. Simile fu il sacrificio del Generale dei Carabinieri in congedo Giuseppe Dezio, fucilato a Padova nell’aprile del 1945, che offrì la sua vita in cambio di quella di 35 ostaggi. Ancora, solo per citarne alcuni, ricordiamo il Capitano De Tommaso ed i suoi allievi della Scuola di Roma, caduti negli scontri della Magliana; i tre ufficiali catturati unitamente ai soldati della Divisione Acqui e fucilati insieme a questi nell’eccidio di Cefalonia. In tanti passeranno per le carceri di via Tasso a Roma, torturati dai nazisti che volevano estorcere loro informazioni sulle organizzazioni clandestine. Tra questi, il brigadiere Angelo Ioppi, caposquadra del Fronte Militare di Resistenza di Roma, reso invalido dalle sevizie, ma che mai proferì parola. Come riportato nella motivazione della terza medaglia d’oro alla bandiera dell’Arma dei Carabinieri, dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, il contributo di sangue versato dai Carabinieri nella liberazione è raccapricciante: 2735 caduti, 6521 feriti, e oltre 5000 deportati.
Anche negli anni del dopoguerra, l’Arma dei Carabinieri è stata sempre lì, presente accanto ai suoi fratelli italiani, accompagnandoli nel delicato passaggio dalla monarchia alla Repubblica con le relative tensioni interne fino all’entrata in vigore della Costituzione Italiana, il primo gennaio del 1948. Seguiranno gli anni della ricostruzione, della fame e della miseria. Quelli del banditismo Sardo e Siciliano, l’inondazione del Polesine nel 1951, il terremoto in Irpinia nel 1962 ( e 1980), il disastro della diga del Vajont nel 1963, l’alluvione di Firenze del 1966, il terremoto nel Belice nel 1968, il terremoto del Friuli del 1976.
Gli anni ’70 sono caratterizzati dagli attentati terroristici e molti Carabinieri diverranno vittima di un nemico che non indosserà una uniforme nemica, ma uno  in abiti civili che, inseguendo una folle ideologica rivoluzionaria, vedrà nel fedele servitore dello Stato un nemico da abbattere. Sono gli anni delle Brigate Rosse, dell’Unione dei Comunisti Combattenti, di Prima Linea e di formazioni anche di estrema destra come quella dei N.A.R., i nuclei armati rivoluzionari. Anni di rapine per finanziare la “rivoluzione”, dei sequestri a scopo estorsivo come quello dell’imprenditore Gangia ad opera della banda terroristica di Renato Curcio. Nell’operazione di liberazione del sequestrato, il Generale Umberto Rocca ingaggiò un violento conflitto a fuoco che gli costò un occhio e il braccio destro, mentre l’Appuntato D’Alfonso che era insieme con lui, perse la vita. Sergio Zavoli, nell’inchiesta La notte della Repubblica, ha sostenuto che dal 1974 al 1988 le Brigate Rosse hanno rivendicato 86 omicidi, la maggior parte dei quali di appartenenti alla Polizia di Stato e all’Arma dei Carabinieri, oltre a magistrati e uomini politici. Nel 1978, le autorità politiche incaricheranno il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa per la lotta al terrorismo eversivo il quale, con tecniche investigative innovative, pedinamenti e una rete efficiente di informazioni, riuscirà a sconfiggere questa piaga. Il finire degli anni ’70 e gli anni ’80 saranno caratterizzati dal fenomeno mafioso in Sicilia, l’ascesa dei Corleonesi e la lunga scia di sangue di uomini dello stato che si porterà dietro: nel 1980 verrà ucciso il Capitano Emanuele Basile, Comandante la Compagnia Carabinieri di Monreale e nel 1983 il Capitano Mario D’Aleo, della stessa Compagnia, insieme all’App. Giuseppe Bommarito e del Carabiniere Piero Morici. Nel marzo del 1982 il Generale Dalla Chiesa verrà nominato Prefetto di Palermo, ma sarà assassinato il 13 settembre dello stesso anno, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro ed all’Agente della Polizia di Stato Domenico Russo. Il 28 luglio del 1983 un’autobomba ucciderà il Giudice Istruttore Rocco Chinnici e la sua scorta, il Maresciallo Mario Trapassi e l’Appuntato Salvatore Bartolotta. La scia di sangue sarà lunghissima, ma nel 1993 uomini del R.O.S. guidati dal Capitano “Ultimo”, arresteranno il capo dei capi, Totò Riina.
Gli anni di lotta alla mafia in Sicilia, alla Camorra nella Campania ed alla ndrangheta in Calabria porteranno a numerosi successi, arresti di latitanti ed organizzazioni criminali decapitate.
Sono seguite innumerevoli missione di pace all’estero, di “peacekeeping”, nei più importanti scenari di guerra del medio-oriente, nei balcani, in Africa. Nel solco degli interventi internazionali da evidenziare il primo impiego in completa autonomia nei Balcani quando, nel 1989, l’Arma invia per la prima volta un contingente denominato MSU, formato quasi esclusivamente da Carabinieri, insieme ad alcuni reparti provenienti da altri paesi, per un’operazione di peacekiping di nuova concezione. Risulterà in seguito una iniziativa vincente molto apprezzata nel mondo. La presenza dell’Arma è stata più volte richiesta, ricercata e apprezzata anche per la formazione delle polizie locali, all’interno dell’ONU e della NATO, proprio per la peculiarità del soldato dalla ferrea disciplina militare, con le capacità di garantire ordine e sicurezza pubblica che in altri stati sono peculiari solo nelle forze di polizia ad ordinamento civile. Lo abbiamo detto all’inizio: un connubio vincente nei secoli.
Non possiamo non ricordare l’attentato di Nassyria, avvenuto il 12 novembre 2003 nella città irachena dove diciassette militari (di cui cinque dell’Esercito e dodici Carabinieri) unitamente a due civili, rimasero vittime di un attentato esplosivo ai danni della base “Maestrale”, con oltre 20 feriti.
Nel 2000 l’Arma dei Carabinieri è stata elevata a Rango di Forza Armata e nello stesso anno, finalmente, anche le donne entrano a far parte di questa grande famiglia che oggi conta oltre 110 mila unità, numerosissime articolazioni, specialità di ogni sorta, dipendenze da molti ministeri: in primis dalla Difesa, poi Interno, della Salute, dei Beni ed Attività Culturali, Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (avendo assorbito il Corpo Forestale dello Stato nel 2017).
La forza dell’Arma dei Carabiniere risiede da sempre nella presenza capillare sul tutto il territorio nazionale, assorbendo in tale missione la maggior parte del personale impiegato nel servizio di controllo del territorio: servizio che rappresenta una tangibile presenza, che consente un immediato intervento, anche in calamità naturali come i terremoti più recenti che hanno colpito L’Aquila nel 2009 ed Amatrice nel 2016.
La recente epidemia di Covid-19 non ha risparmiato l’Arma, che ha versato il suo tributo di sangue in termini di uomini stroncati dal virus nell’espletamento del loro servizio. Ancora una volta, nel solco della sua storica tradizione, abbiamo visto uomini e donne dell’Arma impiegati nel garantire il rispetto delle norme emanate con urgenza dal Governo, che hanno tutelato le “zone rosse”, istituendo numerosissimi posti di controllo, vigilanza aerea e navale. I N.A.S. hanno sequestrato miglia di mascherine irregolari, i nuclei dell’Ispettorato del Lavoro hanno verificato il rispetto delle distanze di sicurezza nei posti di lavoro strategici, solo per citare alcuni esempi. I reparti territoriali hanno portato viveri e medicinali  ad anziani in zone impervie, le pensioni ai più fragili al fine di evitare i contagi. Ancora una volta, i Carabinieri per la gente, tra la gente.
Concludiamo con l’immagine di un calendario del 1996: un Carabiniere in uniforme storica accompagna per mano una piccola bambina vestita con il tricolore e con la corona turrita. La nostra amata Italia. Siamo sicuri che i nostri Carabinieri accompagneranno sempre la nostra Patria e i suoi figli, i nostri fratelli, lungo quella strada dal futuro a volte incerto, ma forti di un’unica certezza: i Carabinieri saranno sempre lì, “Fedeli nei secoli”, sotto la protezione della “Virgo Fidelis”, la Patrona festeggiata il 21 novembre (in concomitanza della presentazione di Maria Vergine al Tempio e della ricorrenza della battaglia di Culqualber).
All’Arma dei Carabinieri i nostri più fervidi e sinceri auguri; alla nostra gloriosa istituzione, invidiata all’estero, amata in patria, ambita da tanti giovani che vorrebbe entrare nelle sue fila.
Auguri mamma Arma, buon duecentoseiesimo anniversario e grazie a te,                    ai tuoi oumini, alle tue donne, alle vittime di ieri e di oggi, a chi, in qualunque    parte del paese, ha incarnato con la sua vita e con l’impegno quotidiano il motto: “usi obbedir tacendo e tacendo morir!

SIM CARABINIERI

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